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Una breve guida al patrimonio culturale e artistico di una delle zone più belle della Sicilia:


ALCAMO

Alcamo, il cui antico nome arabo era “Manzil Alkamah”, stazione dei frutti di loto, è un grande centro agricolo posto tra Trapani e Palermo, nel cuore di un’ampia valle rigogliosa di vigneti il cui prodotto più importante è il rinomato vino ALCAMO DOC.

Alcamo fu abitata fin dalla tarda età del bronzo e scelta da Elimi, Romani e Bizantini per la sua posizione strategica e con gli arabi si guadagnò il grado di casale e tale rimase fino al 1340 quando, in epoca normanna, fu inserita in un grande feudo e venne costruito dalla famiglia Peralta il castello che, con quelli di Salemi e Calatafimi, formava un triangolo fortificato a difesa di Palermo. 

Per tutto il medioevo la città si arricchì, grazie alle famiglie Chiaromonte e Ventimiglia, di chiese e monumenti, divenendo prima “caricatore del vallone”, cioè luogo di deposito del frumento da esportare nel regno e, nel XVI secolo, città. Successivamente la città, sua malgrado, passò al demanio regio fino al 6 aprile 1860 quando proclamò un governo provvisorio antiborbonico ed aprì le porte al valoroso Garibaldi. 

Nelle sue tante chiese si possono ammirare sculture e dipinti che rappresentano il meglio di quanto artisticamente abbia prodotto la Sicilia; basti citare Pietro Novelli, Giacomo Serpotta, i Gagini, Giuseppe Renda nonché opere del belga Borremans. È opportuno ricordare che ad Alcamo nacque Ciullo d'Alcamo, l'autore di uno dei primi componimenti poetici in lingua italiana (sec. XIII). 

Il territorio comprende anche la località balneare di Alcamo Marina che si estende con la sua spiaggia di sabbia fine e dorata per alcuni chilometri, dal territorio del comune di Castellammare del Golfo fino all'antico fortilizio arabo del castello di Calatubo.


SEGESTA 

La città elima di Segesta conserva uno dei più perfetti e meglio conservati templi di arte dorica ed un anfiteatro che si erge maestoso al centro di una ampia e suggestiva vallata che domina tutto il Golfo di Castellammare e composto da una cavea a semicerchio incassata parzialmente nella roccia, dove, nelle calde estati siciliane tornano a rivivere rappresentazioni teatrali che rievocano atmosfere di altri tempi. Ma Segesta era famosa anche per le sue terme, ancora oggi sfruttate, e di cui Diodoro Siculo narra che furono le ninfe a crearle per rendere più confortevole il riposo di Ercole. 

Sulle origine di Segesta e dei suoi abitanti si sa ben poco e diverse sono le leggende che parlano della sua fondazione. Virgilio la immagina fondata da Enea, che diede il nome di Aceste re di Erice, per lasciarvi i Troiani che non volevano più seguirlo nella sua impresa. Di certo Segesta fu il capoluogo politico degli Elimi grazie alla sua posizione strategica posta tra le città puniche delle coste settentrionali e occidentali. Fu eterna nemica di Selinunte, che aspirava alla conquista del suo emporio marittimo (Castellammare del Golfo) e contro la quale, nel 409 a.C. grazie all’aiuto di Cartagine, sferrò un attacco che portò alla distruzione della città. Ma l’amicizia con Cartagine scatenò le ire di Dionisio II, tiranno di Siracusa, che assediò la città nel 397 a. C., mentre nel 307 a.C., con il siracusano Agatocle, Segesta venne distrutta e i suoi abitanti, come racconta Diodoro, subirono le più atroci torture. 

Terminata “la punizione” Agatocle rifondò la città chiamandola Diceopoli ovvero “città della giustizia” o “della punizione”. Con l’avvento dei romani Segesta fu tra le prime città siciliane a sostenere Roma, in virtù di una comune discendenza dal “giusto figliuol d’Anchise”, e ciò le valse lo sgravo delle tasse, l’assegnazione di vasti territori e la dichiarazione di civitas immunis et libera. La caduta dei romani e le invasioni dei Vandali, dei Saraceni e diversi terremoti segnarono la scomparsa di Segesta che rimase nota solo per il tempio e il teatro. 

Il tempio: Alla pendici del monte Barbaro è situato il tempio, risalente presumibilmente all’ultimo trentennio del V° secolo a.C. tra il 430 ed il 420, edificato secondo i canoni dell’architettura dorica ed è costituito da uno stilobate (basamento) a tre gradini, da colonne con scanalate alte 9.36 metri, sei sulla fronte e quattordici sui lati, distanti tra loro 2,40 metri il cui fusto è composto da 10/12 rocchi. Al fine di correggere illusioni ottiche le colonne presentano un leggero rigonfiamento, raffinatezza riscontrabile anche nel Partenone di Atene. La struttura è sormontata da architrave e fregio con dei timpani sulla fronte, è a cielo scoperto priva di cella della divinità e manca di alcune rifiniture quali i blocchi dei gradini, non scalpellati, e gli abachi (elementi di forma quadrata su cui poggia l’architrave) risultano incompleti. La mancanza di rifiniture e la mancanza della cella, essendo i templi greci costruiti dall’interno verso l’esterno, smentisce l’ipotesi che l’edificio fosse rimasto incompiuto per qualche misterioso motivo. Si ritiene pertanto che si tratti di un peristilio pseudotemplare (volutamente a cielo aperto) innalzato per dare prestigio ad un culto locale non greco. 

L’anfiteatro: L’anfiteatro è sito a circa 400 metri s.l.m. sulle pendici settentrionali del Monte Barbaro e, a differenza degli altri edifici di questo tipo, è rivolto verso nord probabilmente per godere dello stupendo panorama che abbraccia il mare e i monti Erice, Bonifato ed Inici. La sua costruzione presumibilmente risale al IV secolo a.C., la sua cavea semicircolare, di 63 metri di diametro delimitata da un robusto muro di contenimento, è costituita da venti gradinate scavate nella roccia e spartite in sette cunei digradanti verso l’orchestra a forma di U. Quest’ultima era dotata di un passaggio sotterraneo che consentiva agli attori di comparire improvvisamente sulla scena. La scena, purtroppo giunta ai giorni nostri mutilata, era costituita da un sontuoso edificio a due piani delimitato da due muri laterali ornati con figure di Pan e decorata, nella parte anteriore, da due telamoni.


CASTELLAMMARE DEL GOLFO

Sorge dinanzi allo splendido e incantevole golfo omonimo, da cui in antichità traeva sostentamento con la pesca e il commercio. 

La nascita di Castellammare secondo gli storici è legata a quella di Segesta che l’aveva designata come suo Emporium Segestanorum, ribattezzata dagli Arabi Al Madarig (la scalinata), che allude, presumibilmente, alla sua inespugnabilità. Infatti gli Arabi la fortificarono con la costruzione di una torre, di un castello e piazze forti e la svilupparono commercialmente con l’insediamento della tonnara e del caricatore, cioè il porto adibito per convogliare e commercializzare il grano. Diviene con i Saraceni roccaforte e con i Normanni proprio per la presenza della fortezza viene rinominata Castello a Mare. La prosperità della città proseguì anche con le successive dominazioni che diedero un forte impulso commerciale trasformandola in uno dei più importanti centri del trapanese. 

Nota località balneare e importante centro commerciale per l’esportazione di prodotti agricoli, Castellammare ospita numerose chiese, nel cui interno troviamo pregevoli affreschi e opere scultoree. Polo d’attrazione turistica, il paese offre numerosi itinerari grazie alla straordinaria bellezza delle sue coste e del lussureggiante Monte Inici, tra i rilievi più alti della Provincia.

SCOPELLO

Il nome Scopello deriva dal termine arabo Scoupellos, molto simile al dialettale Scupeddu, che allude probabilmente ai Faraglioni, splendidi scogli che si specchiano nell'azzurro intenso mare siciliano. L'antico baglio di Scopello è un piccolo borgo dedito nel passato all'attività peschereccia, di cui rimangono le vestigia nella Tonnara, posto su un'altura che domina uno splendido scenario marino. Il cuore del caratteristico borgo è il Baglio Isonzo, di origine settecentesca, nella Piazza Nettuno fiancheggiata dell'alto muro settecentesco che recinge il "giardino del re" al cui centro si trova un bevaio in pietra. 

In riva al mare, proprio di fronte agli imponenti Faraglioni, possiamo ammirare l'antica tonnara. Secoli di cultura e tradizione marinara sono racchiusi nella tonnara di Scopello; luogo incantevole, intriso di storia e di leggenda. Secondo fonti autorevoli, la pesca del tonno era praticata ancor prima dell'avvento dei romani e, nei pressi dell'attuale tonnara, si estendeva la mitica città di Cetaria, così chiamata per l'eccezionale abbondanza di pesci pelagici del suo mare.

Di Cetaria e della sua tonnara, oggi sappiamo poco, o quasi nulla. Gli storici sostengono che la tonnara venne ricostruita e riutilizzata dagli Arabi conquistatori i quali, tramandarono nei secoli questa nobile arte. L'ultima mattanza della tonnara di Scopello é avvenuta negli anni ottanta.

La "Cialoma" (canto propiziatore dei tonnaroti per accrescere la loro forza nel tirare su le reti) echeggia ancora tra i magazzini dove trovano riposo le muciare, i palischermi, i caicchi, le sciabiche, imbarcazioni utilizzate per la pesca del tonno ancora in perfetta efficienza. Le abitazioni sono ancora come una volta, dignitose e confortevoli. 


BALESTRATE

"Quantum a litore maris infra terram per jactum balistrae protenderit...". Con queste parole, riportate in un decreto del Re Federico D'Aragona del 1307, s'inizia la storia di Balestrate. Quel decreto stabiliva che tutto il territorio costiero della Sicilia, compreso da un immaginario tiro di balestra scoccato dal bagnoasciuga, apparteneva al diretto dominio del Re.

Balestrate è un piccolo centro balneare situato nel Golfo di Castellammare caratterizzato da una lunga spiaggia di sabbia fine e dorata e solo per un tratto interrotta dal nuovo porto. E’ l'ultimo comune della provincia di Palermo, confinante con il primo della provincia di Trapani: Alcamo. Da Balestrate ci si affaccia sul mare come dal balcone di casa: suggestivo è il paesaggio che si gode dal lungomare recentemente ristrutturato.

Le spiagge più frequentate sono la Forgia, che è caratterizzata dallo sbocco del fiume Jato, e la Forgitella, più frequentata in quanto sono presenti stabilimenti balneari e strutture ricettive dove si possono godere serate danzanti e gustare le prelibate specialità locali a base di pesce e di golosissimi gelati.

Balestrate, essendo una località a vocazione turistica, concentra le manifestazioni e gli eventi ricreativi durante i mesi estivi, il cui culmine si ha in agosto con l'estate balestratese, in cui sono organizzate mostre, spettacoli in piazza, sagre e manifestazioni sportive che coinvolgono anche i villeggianti, come in un grande villaggio turistico... 

Oltre a esplorare le lunghe (7 / 8 Km) e larghe spiagge si sabbia fine e dorata e immergersi in un mare cristallino dai bassi fondali ideale per bambini e neofiti nuotatori, ci si può addentrare nel rigoglioso boschetto subito fuori il paese e adiacente alla spiaggia della Forgitella, o ancora, per gli amanti della pesca subacquea, scoprire suggestive scogliere e ricchi anfratti dove pescare o praticare il sea-watching.

La coltivazione dei terreni a vite ed olivo è la principale fonte di reddito dei balestratesi, oltre alla pesca ed al turismo stagionale. L'entroterra è ricco di agrumeti, uliveti, frutteti e vigneti dove è possibile acquistare in loco, a costi veramente minimi, direttamente dal produttore, olii e vini tra i più pregiati di Sicilia (Olio Extra vergine d'Oliva e vini tipo Alcamo DOC)

LA RISERVA DELLO ZINGARO

Sulla costa, tra San Vito Lo Capo e Scopello, nel regno della palma nana, si apre incantevole la Riserva dello Zingaro, con una superficie di 1600 ettari costituita da macchia mediterranea, ambienti rocciosi e piccoli boschetti naturali. La Riserva offre suggestivi paesaggi costieri su un mare ancora limpido, come la caletta di Torre dell’Uzzo, piccole calette con improvvise spiagge, declivi, macchie di vegetazione mediterranea; un vero paradiso per botanici, per entomologi e per il turista in cerca di luoghi incantevoli.

La flora e la fauna della Riserva procureranno a chi deciderà di imbattersi in questo viaggio naturalistico, emozioni fortissime, in cui sarà impossibile discernere natura e paesaggio. L’area della Riserva riveste inoltre notevole interesse archeologico per le importanti tracce lasciate dall’uomo, come la grotta dell’Uzzo. Visitabile solo a piedi, la Riserva si estende da cala Mazzo di Sciacca a sud, fino alla Tonnarella dell’Uzzo a nord e ricade nel territorio dei comuni di Castellammare del Golfo e S. Vito Lo Capo. Lo Zingaro è la prima riserva naturale istituita in Sicilia, in seguito ad una campagna di sensibilizzazione attuata da parecchie associazioni naturalistiche per la conservazione del territorio, ottenendo la sospensione e la revoca del finanziamento per la costruzione della strada litoranea. L’Azienda Foreste Demaniali aderendo al movimento di protesta dichiara nel 1980, l’impegno di espropriare l’area istituendo con la L. R. 98/81 la Riserva Naturale Orientata. All’interno della Riserva vi è inoltre un’area attrezzata e un museo naturalistico e storico della Riserva.

SAN VITO LO CAPO

Località tra le più apprezzate di Sicilia per la bellezza della sua spiaggia dalla sabbia bianchissima lambita dal mare cristallino con incredibili trasparenze verdazzurro. San Vito Lo Capo sorge all'estremità occidentale del Golfo di Castellammare, su di un lembo di terra che si protende verso il Mare Tirreno. Adagiato in una baia sabbiosa che si distende tra il Capo S. Vito e la punta di Solanto, proprio sulle falde del Monte Monaco, questo affascinante borgo della provincia di Trapani si sviluppò sullo scorcio del XVIII secolo, intorno a un antico luogo di culto: si trattava di un piccolo santuario eretto nel corso del '200, in onore di San Vito Martire, su una preesistente cappella, divenuto nel corso dei secoli oggetto di profonda devozione e di frequenti pellegrinaggi. La leggenda narra che il compito di fondare il paese venne affidato a Santa Crescenzia ed a San Vito i quali, però, dovevano tenere fede a un patto: non girarsi mai indietro durante il percorso. Santa Crescenzia, giunta presso il luogo dove oggi sorge una cappellata a lei dedicata (meta di pellegrinaggio delle persone pigghiati ‘i scantu), si volse e divenne di pietra; San Vito, invece, portò a termine la missione che gli era stata affidata.

Il borgo, con pianta a scacchiera molto regolare, è caratterizzato poi da graziose casette bianche, e da ampie strade lungo le quali si aprono piccoli negozi d'artigianato e ristoranti dove si serve il famoso cous cous - piatto tipico della zona -, cui è dedicato il 'Cous Cous Fest', gara gastronomica internazionale che si tiene ogni anno a fine settembre. Di grande interesse, inoltre, nei pressi del centro, le grotte Racchio e Cala Mancina, ricche di testimonianze preistoriche risalenti al Paleolitico Superiore, una torre cinquecentesca, la piccola cappella (XVI secolo) di Santa Crescenzia - colei che secondo la tradizione fu nutrice del giovane S. Vito, e insieme a lui vittima delle persecuzioni di Diocleziano - e infine l'incantevole Riserva dello Zingaro, paradiso naturalistico di straordinaria bellezza.

Il suo clima, la spiaggia, il mare, le viuzze ornate di fiori, il pesce fresco, i profumi intensi e i suoi panorami offrono al turista l’occasione per una vacanza indimenticabile. Nell'intreccio di vicoli e stradine ogni anno a settembre viene riproposto il “Festival del couscus”, un capolavoro della più antica tradizione gastronomica che tiene impegnati numerosi cuochi di nazionalità diversa per la preparazione di questo particolarissimo piatto.

ERICE

A 750 metri dal mare dove per secoli gli uomini si sono contesi questo luogo, sorge Erice, fondata molto probabilmente dai misteriosi Elimi, che organizzarono i propri villaggi in luoghi inaccessibili su erte montagne e vi edificarono una munitissima fortezza, contesa dai Fenici, Greci, Cartaginesi e Romani, che trasformò la città, assieme a Enna e Siracusa, in una delle migliore fortezze dell’isola. Erice fu chiamata dai Normanni Monte S. Giuliano, (che mantenne fino al 1936) in onore del Santo che il Conte Ruggero aveva visto in sogno durante l’assedio della rocca; da allora iniziò una nuova fase di prosperità che continuò anche sotto Svevi, Angioini ed Aragonesi. Questi secoli furono all’insegna di un tenore di vita molto alto grazie ai proventi dell’agricoltura, della pastorizia e dall’artigianato. Infatti la sua diocesi divenne, con Monreale e Siracusa, tra le più grandi e potenti della Sicilia e la città fu arricchita di chiese e palazzi formando così l’attuale volto urbanistico. Questa prosperità ebbe fine verso il ‘700 quando, con i Borboni, Trapani venne elevata alla carica di capo-valle facendo venire meno i proventi che avevano resa florida Erice. Ciò obbligò la città, la sua diocesi e la biblioteca a vendere molti dei suoi floridi possedimenti ai principi siciliani.

Nel borgo di Erice si affacciano cortili fioriti racchiusi tra le mura, case piccole, stradine selciate di pietra a disegni e sul punto più alto dell’abitato sulle rovine del tempio, si erge il Castello di Venere adiacente agli splendidi giardini del Balio da dove lo sguardo spazia con ampia e incantevole veduta sulle isole Egadi, le Saline di Trapani e la costa occidentale della Sicilia. Centro di grande richiamo turistico, conosciuto anche come “città della scienza”, animato da botteghe di artigianato tipico, è possibile ammirare le ceramiche decorate, i tappeti tessuti a mano, oltre i tradizionali dolci di mandorla. 

Per vivere pienamente l’incantesimo di questa cittadina consigliamo di lasciare l’auto a Piazza Grammatico e entrare dal principale ingresso della città che è Porta Trapani. La porta, rivolta verso Trapani, faceva parte delle fortificazioni elimo-puniche le cui mura si snodano per 700 metri fino a Porta Spada dove vi è un posto di guardia medioevale. 
Svoltando a sinistra si può raggiungere la Chiesa Madre intitolata alla Vergine Assunta e fatta costruire da Federico d’Aragona nel XIV secolo ma successivamente rimaneggiata. La chiesa è preceduta da un poderoso campanile, coevo alla chiesa, originariamente una torre di vedetta mentre il portico risale al 1426 mentre i merli sono anch’essi di recente fattura. 

Proseguendo per via Chiaramonte è possibile visitare l’ex Monastero del SS Salvatore, Palazzo Chiaromonte, costruito tra il ‘200 e il ‘300 e poi, attraversando Corso Vittorio Emanuele, raggiungere piazzetta San Martino dove sorge l’omonima chiesa che fu eretta agli inizi del XVIII secolo, sul sito di una chiesetta normanna, e dal cui interno si può accedere al raffinato oratorio della Congregazione del Purgatorio di stile rococò. Nelle immediate vicinanze si trova la Chiesa di San Carlo, edificato ai primi del ‘600. L’annesso convento era famoso in quanto ospitava le monache di clausura che, fino a pochi anni fa, vendevano i dolcetti preparati secondo le antiche ricette. Oggi l’ex convento è sede dalla La Salernitana, centro internazionale di promozione artistica e culturale e sede di interessanti mostre.

Proseguendo per via Roma si raggiungono prima i Giardini del Balio, ideati nel 1878 dal conte Pepoli e così chiamati in onore del governatore normanno Bajulo, e successivamente il Castello di Venere, detto anche del governatore, risalente ai Normanni che lo edificarono sulle rovine del Santuario di Venere. Le adiacenti Torre Medioevali costituivano l’avamposto del Castello, cui erano uniti da poderose cortine murarie. Furono parzialmente ricostruite nella metà del secolo scorso per volontà del conte A. Pepoli cui si deve anche l’edificazione della Torretta Pepoli. Terminata la visita percorrendo la via Gervasi e la via Cusenza si raggiunge la Chiesa di San Giovanni Battista, che domina un precipizio e poi la Chiesa di San Cataldo al cui interno vi è un crocifisso ligneo ritenuto miracoloso. A breve distanza si erge la Chiesa di San Pietro, oggi sede del Centro Internazionale di Cultura "Ettore Maiorana", da cui si può raggiungere, percorrendo via Salerno, il centro della cittadina dove si erge il Palazzo Municipale nel quale hanno sede il Museo e la Biblioteca Comunale. Quest’ultima è ricca di 11.000 volumi, 300 manoscritti del ‘600 e del ‘700, antichi documenti d’archivio e 10 preziosi incunaboli. Il museo ha, invece, tra i suoi pezzi forti un gruppo marmoreo di A. Gagini (1525) , raffigurante l’Annunciazione, una testina di Afrodite risalente al IV sec. a.C. e la rarissima “pintadera”, stampo utilizzato nel neolitico per imprimere sulla pelle disegni ornamentali.

Terminata la visita meritano anche di essere visitate la graziosa settecentesca Chiesa di Santa Teresa, la Chiesa del Carmine e il Palazzo Militare, entrambi quattrocenteschi, e la Chiesa di Sant’Orsola o dell’Addolorata che custodisce i gruppi dei Misteri realizzati nel ‘700 e riproducenti episodi della passione di Cristo.

LE ISOLE EGADI

Da Trapani, volgendo lo sguardo verso il mare, si stagliano incantevoli le Isole Egadi, precedute da piccoli isolotti (Faraglione, Formica e Maraone), tutte diverse l’una dall’altra. Fu grazie alla pesca del tonno che le tre isole, in particolare Favignana, raggiunsero in pochi decenni una vera floridezza di cui godevano tutti gli abitanti, dai pescatori agli imprenditori. Quest’ultimi furono dapprima Liguri – che acquistarono l’arcipelago nel XVII secolo – e poi i Florio, la potente famiglia palermitana il cui palazzo, edificato dall’architetto Almeyda, si può ancora ammirare a Favignana. Grazie ai Florio la “mattanza”, oggi meta di molti turisti, ricevette nuovo impulso diventando una delle più importanti dell’isola.

FAVIGNANA: la mitica Aegusa, legata alla leggenda omerica come Isola delle Capre, il cui nome attuale deriva forse dal Favonio, il vento di ponente che soffia in primavera, è l’isola più grande dell’arcipelago. L’isola apparentemente arida offre in realtà uno splendido paesaggio marino che si fonde con una grande varietà di specie vegetali. Irresistibile richiamo tra la metà di maggio e la metà di giugno è la mattanza del tonno, che vede accorrere nell’isola turisti, giornalisti, fotografi ed operatori cinematografici per vedere un “rito” che dai primordi degli insediamenti umani si rinnova ogni primavera per i tonnaroti, nei canti delle “cialome”, canti tradizionali di invocazione religiosa per propiziarsi un ricco pescato che possa garantire un buon salario per buona parte dell’anno.

LEVANZO: isola di silenzio e solitudine e oasi per solitari amanti del mare, si estende per una superficie di sei chilometri quadrati, in cui si alternano nell’incontaminata macchia mediterranea circa quattrocento specie di flora rupestre. Attraversata da un’unica strada, l’isola è disseminata di grotte e può essere meglio apprezzata se non si rinuncia al periplo dell’isola in barca. Ma la vera notorietà di Levanzo è legata alla scoperta nel 1949 della Grotta del Genovese, che conserva un’importante chiave di lettura della nostra civiltà, con i suoi graffiti preistorici. 

MARETTIMO: è l’isola più lontana dell’arcipelago, deriva il suo nome attuale da quello segnato nelle carte di coloro che andavano per mare. Offre al visitatore che approda nell’isola un paradiso naturale, caratterizzato da una fitta vegetazione mediterranea, da numerosi paleoendemismi e da un susseguirsi di cime e strapiombi che calano a picco sull’acqua, da grotte d’abrasione marina: Grotta del Cammello, Tuono, Pipa, Bombarda e Bombardella (per i boati che vi produce il moto ondoso), la Perciata (ricchissima di stalattiti), la grotta del Presepe che con i suoi depositi calcarei ha creato figure rappresentanti la Natività. Il piccolo agglomerato urbano di Marettimo conserva testimonianze della presenza romana e un Castello del XVII secolo eretto sui resti di una torre d’avvistamento saracena

GIBELLINA

In seguito alla distruzione totale della vecchia Gibellina dopo il terremoto del 1968, il paese è stato ricostruito a 18 chilometri di distanza dal vecchio paese. La nuova Gibellina è adesso localizzata su un terreno pianeggiante in prossimità di importanti assi di collegamento (autostrada e linea ferroviaria). 

La ricostruzione,che è avvenuta dopo lunghi anni di disagi e difficoltà nell'inferno delle baraccopoli, ha introdotto gli abitanti entro un universo completamente diverso da quello a loro noto. È una città giardino, pensata e costruita come quintessenza del "moderno", caratterizzata dall'ampiezza delle strade, dalla grande distanza tra le abitazioni e tra queste e le vie. 

La struttura urbanistica è caratterizzata prevalentemente dall'alternarsi di strade carrabili e pedonali, con case a schiera dotate di piccolo giardino. Lasciandosi alle spalle la Stella, bisogna seguire la strada in salita che scorre alla destra di Gibellina per raggiungere la prima tappa della visita, costituita dalle Case Di Stefano, una masseria acquistata dall'amministrazione comunale e restaurata ad arte dagli architetti Marcella Aprile, Collovà e La Rocca. L'imponente complesso, prodotto di un'antica cultura contadina, è sede di istituzioni culturali e universitarie e residenza di artisti e studiosi ospiti della città. Accanto, ricostruito con minuzia, il Giardino degli Odori, un lembo di terra destinato alla coltivazione di quegli arbusti e piante profumati così cari al nordico Goethe.

Dalle Case Di Stefano, posta tra il verde leggermente in alto rispetto a Gibellina, il viaggiatore può dare una prima occhiata d'insieme alla città distesa con le sue ali da farfalla. Si può già decifrare il tracciato dei viali, delle piazze e delle strade che, per scelta dell'amministrazione portano tutte nomi di illustri siciliani, politici come Napoleone Colajanni e Luigi Sturzo, Finocchiaro Aprile e Nunzio Nasi, racchiusi dal Viale dei Vespri Siciliani, letterati e artisti come Antonello da Messina, Serpotta, Scarlatti, Bellini, Federico De Roberto, Vitaliano Brancati, Salvatore Quasimodo e Tomasi di Lampedusa, fino ai grandi padri della cultura antica, Empedocle, Archimede.

A Gibellina, al contrario di tutti i paesi e le città d'Italia, non ci sono strade dedicate a Santi o a Eroi. Anche la decisione di ricordare, come in un grande e vivente libro di storia, le radici della propria cultura dall'antichità ad oggi appare anomala rispetto alla burocratica toponomastica degli altri centri, piccoli e grandi, del nostro Paese.

Lasciandosi alle spalle l'antico baglio Di Stefano, il viaggiatore che penetra nel centro urbano attraverso il viale degli Elimi, non potrò non soffermarsi di fronte al Palazzo Di Lorenzo, una singolare e intrigante casa-museo, che nel cortile conserva la facciata di un antico edificio della vecchia Gibellina. Il palazzo, a prima vista appare impenetrabile, come molte altre opere che illustrano ed enfatizzano la nuova città. È una costruzione quadrata, in pietra biondo-oro, che si anima intensamente nelle giornate di sole come fosse una creatura vivente. All'interno, da un lato la facciata del vecchio palazzo e dall'altro una sorta di camminamento che sale al piano superiore per formare un accogliente spazio espositivo ma anche un punto di osservazione aperto sul paesaggio circostante. Palazzo, galleria, scultura geometrica di grandi proporzioni, memoria del passato, appuntamento con il futuro: questo in una sintesi approssimativa l'opera di Francesco Venezia che, soltanto in una condizione "magica" come quella di Gibellina poteva essere realizzata

MONREALE

Sorge sul monte Caputo, in vista della Conca di Palermo e della valle del fiume Oreto, conta circa 27.000 abitanti e a m 310 .l.m. A Monreale si giunge attraversando tutto il Corso Calatafimi partendo da Palermo.

La nascita della città risale al basso medioevo ed è un involucro di fisionomia barocca, uno dei gioielli del patrimonio artistico Italiano dove si incontrano gli universi culturali islamici, bizantini, romanici. Da vedere: Il Duomo Normanno con mosaici siculo-veneziani e il chiostro benedettino. Nei dintorni, San Martino delle Scale con l'Abbazia Benedettina, il Monte Jato, che è ubicato tra S. Cipirello e San Giuseppe Jato.

Sul monte Jato è da identificarsi il centro indigeno di Iaitas, gli scavi hanno portato alla luce tracce di una città elima, il teatro, l'agorà, il tempio di Afrodite ed una abitazione ellenistica.

PALERMO

Palermo, città capoluogo della Sicilia, è situata nella costa nord occidentale dell'Isola ed è per grandezza, importanza e numero di abitanti, la quinta città italiana. Posta poco distante dalla Tunisia, per la sua splendida posizione geografica, Palermo ha da sempre rappresentato un punto d'incontro commerciale e culturale tra i paesi del Mediterraneo, tra l'Europa e l'Africa. Il clima mite, la terra fertile e l'abbondanza dell'acqua, hanno reso Palermo una città ambita da tutti i conquistatori, un organismo complesso costruitosi nel tempo attraverso la contaminazione e il continuo inserimento di culture che spesso si sono sovrapposte l'una all'altra.

Al centro di un ampio golfo, dominata dal monte Pellegrino (597 metri d'altezza), attorno al quale nel corso degli ultimi due secoli sono sorti numerosi quartieri cittadini, circondata dal mare e da una catena di colline, Palermo si estende in quella piana che dal XVI secolo viene chiamata Conca d'Oro, ricca di corsi d'acqua e di agrumeti.

I primi a stabilirsi nel territorio palermitano furono i Sicani, antico popolo proveniente forse dalla Spagna, nel terzo millennio, i Cretesi nella seconda metà del secondo millennio, gli Elimi attorno al XII secolo, i Greci nell'VIII secolo a.C. Tra l'VIII e il VII secolo avvenne la massiccia colonizzazione ad opera dei Fenici di Cartagine. Conquistata dai Romani e poi, dopo le invasione barbariche, dai Bizantini, Palermo ha subito e accolto numerose dominazioni: Arabi, Normanni e Svevi, Angioini, Aragonesi, Spagnoli e Austriaci hanno dato vita ad una vivacità culturale e ad una ricchezza artistica straordinaria, lasciando tracce indelebili.

Il primo nucleo della città fu fondato su un promontorio roccioso al centro di una vasta zona pianeggiante assai lussureggiante, circondata da due corsi d'acqua: il torrente Kemonia, detto "del maltempo" a meridione, e il Papireto a settentrione. Nell'immagine è riportata incisione d'epoca che mostra Palermo bagnata chiaramente dai due antichi corsi d'acqua.

Il suo porto è fra i più antichi e attivi del Mediterraneo (il nome Palermo, dal greco Pan-Ormos, vuol dire "tutto porto"), e ne caratterizza la vocazione multiculturale nel cuore del Mediterraneo. Questo assetto si mantenne sino al IX secolo d.C., quando, con la conquista mussulmana, la città divenne sede di un emirato e cominciò ad acquistare lo splendore di cui è giunta traccia sino ad oggi. Gli Arabi la definirono "paradiso delle terra". Il Parco Reale che circondava Palermo comprendeva palazzi, padiglioni per feste e laghetti artificiali. Di quel periodo oggi ne rimane memoria soprattutto nel Castello della Zisa, nel Castello di Maredolce e nel Parco della Favorita che si estende dalla città verso la zona balneare di Mondello.

Sotto i Normanni (dal 1072), a Palermo ebbe inizio un periodo di grande sviluppo economico e culturale, confermandosi poi con la dinastia sveva e con il regno di Federico II nel XIII secolo, allorché la città assunse a rango di centro primario dell'Occidente. Ne sono testimonianza, fra le tante, il Palazzo Reale (o dei Normanni), sede dell'Assemblea Regionale, e la Cattedrale.

Nel XV secolo e fino al XVI, la città divenne colonia spagnola sotto la dominazione degli Aragonesi. Con il regno di Carlo V, Palermo divenne capitale di un viceregno spagnolo, ed esercitò molto potere attraverso il Tribunale dell'Inquisizione. Durante la dominazione spagnola vi furono grandi cambiamenti nell'assetto morfologico della città, che ne hanno delineato quella forma che ancor oggi la caratterizza.

Tra la fine del '700 e l'inizio dell'800, Palermo è la città dei cento Paesi. Lungo le strade radiali che dalla città portavano ai fondi agricoli crescevano le borgate, che esprimevano la vitalità di un'economia del territorio basata sullo scambio di beni e di cultura costantemente in rapporto con la città.

Anche il diciannovesimo secolo ha regalato a Palermo delle opere architettoniche di grande valore, una per tutte il Teatro Massimo. Riportato al suo pieno splendore negli ultimi anni, esso rappresenta il più grande teatro d'Italia e il terzo in Europa. Nel 1889 nel territorio di Palermo si contavano 40 borgate. Alla fine dell'800 si formarono anche le borgate industriali e manifatturiere che raggiunsero il pieno sviluppo all'inizio del nostro secolo. 

Durante la seconda guerra mondiale Palermo fu anche scenario di bombardamenti che per fortuna risparmiarono i tesori più belli della sua architettura. Attorno agli anni '50 e '60 le borgate verranno inglobate da un'espansione edilizia dissennata, passata alla storia come il Sacco di Palermo.

Oggi il Centro storico di Palermo esteso per circa 240 ettari, è diviso in quattro mandamenti denominati in relazione agli episodi architettonici prevalenti: Loggia-Castellammare, Tribunali-Kalsa, Palazzo Reale e Monte di Pietà-Capo. Questi quattro mandamenti nascono dalla realizzazione delle due principali arterie storiche della città: il Cassaro, oggi corso Vittorio Emanuele, asse di origine araba e collegamento da monte a mare, e la cinquecentesca via Maqueda, strada perpendicolare della prima che incrociando questa dà vita alla piazza Vigliena, denominata dei Quattro Canti di Città, centro geografico e simbolo di Palermo.

Nel Centro Storico di Palermo si contano 343 palazzi, 156 tra chiese e oratori, 66 tra conventi e monasteri e 63 edifici speciali civili. Oggi la città è suddivisa in otto circoscrizioni e conta 25 quartieri ed è teatro di uno straordinario risveglio civile e culturale testimoniato anche dalle numerose attività e manifestazioni che vi si tengono ogni giorno.

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